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Società di capitali: deliberazione di scioglimento anticipato e invalidità

Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza 29 settembre 2020 n. 20625


Con la citata sentenza, la Suprema Corte ricorda che, secondo la costante giurisprudenza, la deliberazione di scioglimento anticipato di una società può essere invalidata, in difetto delle ragioni tipiche all’uopo previste, sotto il profilo dell’abuso della regola di maggioranza, quando risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci.


In tema di onere probatorio, la Corte aggiunge che la relativa prova incombe in questo caso sul socio di minoranza, il quale "dovrà a tal fine indicare i 'sintomi' di illiceità" della deliberazione, deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente, in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato.


Peraltro, all’infuori dell'ipotesi di esercizio “ingiustificato” ovvero “fraudolento” del potere di voto ad opera dei soci maggioritari, resta preclusa ogni possibilità di controllo in sede giudiziaria sui motivi che hanno indotto la maggioranza alla votazione della deliberazione di scioglimento anticipato della società, "essendo insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva" (la Corte cita al riguardo la Sentenza n. 27387 del 12/12/2005 della Sezione I Civ.).


La Corte aggiunge che la deliberazione di scioglimento anticipato della società ex art. 2484 c.c. n. 6) non è nemmeno impugnabile per conflitto di interessi, dato che "la situazione di conflitto rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c. deve essere valutata con riferimento non già a confliggenti interessi dei soci, bensì a un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse sociale inteso come l’insieme degli interessi riconducibili al contratto di società tra i quali non è ricompreso l’interesse della società alla prosecuzione della propria attività", giacché la stessa disciplina legale del fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione (con medesimo riferimento alla sopra citata Sentenza n. 27387/05).


In altri termini, ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 c.c., è essenziale che la deliberazione di scioglimento sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento.


Pertanto, si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere assembleari quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società.


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