top of page

Supersocietà di fatto e fallimento

Aggiornamento: 30 giu 2023

Cassazione civile, Sez. I, 13 gennaio 2021, n. 366


Con la sentenza in commento, la Cassazione si è interrogata sul tema della supersocietà di fatto in cui sia coinvolta una società in nome collettivo, chiedendosi se, qualora tale società venga dichiarata fallita, sia possibile dichiarare per estensione fallite non solo le società che compongano la supersocietà di fatto, ma anche i relativi soci illimitatamente responsabili.


Nel caso oggetto di ricorso, il Fallimento di una s.r.l. aveva infatti presentato al Tribunale un’istanza ex art. 147, quinto comma, Legge Fallimentare per chiedere la dichiarazione di fallimento:


- della società di fatto esistente tra la società a responsabilità limitata già fallita e una società in nome collettivo;

- della società in nome collettivo e dei suoi soci illimitatamente responsabili.


Il Tribunale aveva accolto la domanda. La s.n.c. e i suoi soci avevano proposto reclamo, che venne però respinto dalla Corte d’Appello. La s.n.c. e i suoi soci proponevano quindi ricorso per Cassazione.

Prima di entrare nel merito della decisione della Corte, è opportuno chiarire che per “supersocietà di fatto”, si intende la società irregolare costituita da più società (di capitali e di persone) e da più persone fisiche che agiscano concludentemente, come se fossero un unico soggetto giuridico.


Affinché si possa parlare di società di fatto è necessario che sussistano i requisiti ex art. 2247 c.c.: l'esercizio di un'attività economica di interesse comune, un patrimonio unitario dato dai conferimenti e la partecipazione agli utili e alle perdite (sul punto si veda Cassazione civile sez. I, 17/04/2020, n. 7902).


Orbene, l’art. 147 L. Fall. regola il fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata e prevede, oltre al fallimento della società, il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili (cfr. primo comma).


Il quarto comma prevede inoltre che se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi. Il quarto comma riguarda quindi il caso di successiva emersione di soci occulti di una società palese.


Il quinto comma, oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione, si concentra sul caso della successiva emersione di una società dapprima occulta e distinta dal soggetto già dichiarato fallito.


Il quinto comma, infatti, disciplina il caso in cui sia dichiarato fallito un imprenditore individuale e, dopo la sentenza di fallimento, risulti che l'impresa è riferibile ad una società “di fatto” di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.


In quel caso, anche la società “di fatto” potrà essere dichiarata fallita.


Nel ricorso per Cassazione, i soci e la s.n.c. hanno tentato di sostenere che il quinto comma dell’art. 147 L. Fall. si applicherebbe solo al caso dell’imprenditore individuale già dichiarato fallito, e non al caso in cui il socio già fallito è invece una società, anche di capitali.


Tuttavia, la Cassazione ha respinto il ricorso affermando che l’art. 147, comma 5, L. Fall. non appare diretto verso una o altra forma di esercizio dell'attività di impresa (individuale o, per contro, collettiva), ma è volto piuttosto verso l'ipotesi in cui - una volta dichiarato il fallimento di un singolo - emerga che, invece, si tratta di una impresa riferibile ad una società.


Pertanto, secondo la Suprema Corte, non vi è alcuna ragione che possa giustificare un differenziato trattamento normativo che ammetta o escluda il fallimento di una società che risulti socia di fatto di una società irregolare sulla base del criterio che il socio già fallito sia un imprenditore individuale o collettivo.


In sostanza, l’art. 147, quinto comma, L. Fall., deve essere applicato non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuate, emerge che l'impresa è in realtà riferibile a una società di fatto tra il fallito e uno dei soci occulti, ma, per effetto di un'interpretazione estensiva anche quando il socio già fallito è una società, anche di capitali, che partecipa, con altre società o persone fisiche a una società di persone configurando in questo modo una supersocietà di fatto.


Con l’occasione, si segnala anche recentemente la Cassazione si è anche pronunciata sulla competenza territoriale del Tribunale a dichiarare il fallimento della supersocietà.


Con la sentenza n. 4712 del 22 febbraio 2021, la prima sezione civile della Cassazione ha infatti affermato che in tale ipotesi vige il criterio di prevenzione, che serve a concentrare l'accertamento dello stato di insolvenza presso un unico tribunale. Pertanto, la domanda dovrà essere proposta al tribunale ove risulta già pendente la procedura concorsuale, in base al combinato disposto dell'art. 147, commi 4 e 5.



Comments


bottom of page